L’attenzione nel tennis: un parallelismo psicodinamico tra pallina, corpo e avversario

Durante uno stage con Fabio Gorietti e Giampaolo Coppo presso la Tennis Training di Foligno, ho avuto modo di sperimentare un esercizio che ha segnato profondamente il mio percorso di tennista e di psicologo. L’esercizio prevedeva di concentrarsi prima sulla pallina, poi sugli appoggi o sulla mano.

Grazie alla mia formazione psicodinamica, ho avuto un insight importante: questo tipo di focalizzazione non ha solo un impatto tecnico immediato, ma stimola anche un processo di consapevolezza e integrazione psicologica. Infatti, l’attenzione selettiva in campo riflette alcune dinamiche relazionali fondamentali che ritroviamo anche nella psicoterapia.

La pallina: l’oggetto transizionale nel campo relazionale

Quando chiedo a un giocatore di concentrarsi esclusivamente sulla pallina, lo sto guidando verso l’elemento di mediazione della relazione. In questo contesto, la pallina non è solo un oggetto esterno, ma rappresenta il ritmo, la qualità dello scambio e la connessione tra i due giocatori. Nel tennis, la pallina è il punto di connessione tra due giocatori, il fulcro della relazione in campo. Quando un tennista si focalizza su di essa, entra in una condizione di ascolto e sintonia con l’altro, lasciando in secondo piano il proprio corpo e le proprie preoccupazioni individuali.

In psicoterapia, qualcosa di simile accade con gli oggetti transizionali, che fungono da ponte per la relazione terapeutica. Così come il paziente esplora la propria relazione con l’altro attraverso questi simboli, il tennista può utilizzare la pallina come un mezzo per comprendere e migliorare la qualità del proprio gioco relazionale.

Il corpo: il sé corporeo e il ruolo del tatto affettivo

La postura, l’equilibrio e il movimento nel tennis riflettono la sicurezza e la consapevolezza che il giocatore ha di sé stesso. Questo principio trova un parallelo nella psicoterapia, dove il corpo è spesso la chiave per comprendere e sciogliere tensioni emotive profonde (Reich, 1933).

Nel secondo step dell’esercizio, il focus viene spostato sul corpo: il giocatore deve sentire gli appoggi, il movimento delle gambe, il bilanciamento del busto, il controllo della mano e del polso. Questa fase non è solo tecnica, ma aiuta a rafforzare il senso di sé corporeo. Il concetto di "tatto affettivo", descritto da Maurizio Peciccia (2016) nella terapia amniotica, evidenzia come il contatto fisico e la percezione del proprio corpo siano essenziali per lo sviluppo della sicurezza interiore. Sul campo da tennis, il contatto con il terreno, la racchetta e il movimento fisico diventano parte di questo processo di integrazione. Essere nel proprio corpo significa avere maggiore solidità, sicurezza e consapevolezza nel gioco, ma anche nella propria identità.

L’avversario: l’altro nella relazione

Il terzo focus dell’esercizio riguarda l’avversario. In questa fase, l’attenzione si sposta dall’interno (sé e corpo) all’esterno (l’altro), allenando la capacità di osservare, anticipare e rispondere.

In psicoterapia, questo processo è simile alla capacità del terapeuta di sintonizzarsi sul paziente, così come il paziente impara gradualmente a percepire e comprendere l’altro. Heinz Kohut (1971) ha descritto questo fenomeno come “empatia strutturante”, un meccanismo che permette di costruire un senso di sé attraverso la relazione con l’altro. Nel tennis, la capacità di leggere l’avversario è cruciale. Un giocatore attento non si limita a colpire la palla, ma osserva il linguaggio del corpo, anticipa le intenzioni e costruisce strategie in risposta all’altro, proprio come in una relazione psicologica.

L’integrazione psicodinamica: un esercizio per la crescita mentale

Questo esercizio, suddiviso nei tre focus (pallina, corpo, avversario), ha una funzione che va oltre il miglioramento tecnico:

  • Focalizzarsi solo sulla pallina aiuta a sviluppare la capacità di presenza nel qui e ora della relazione.

  • Concentrarsi sul corpo rafforza l’identità e il senso di radicamento, migliorando la sicurezza interna.

  • Osservare l’avversario sviluppa l’empatia, la lettura dell’altro e la flessibilità nel gioco.

Nel tennis, come nella psicoterapia, il vero obiettivo è l’integrazione: imparare a bilanciare l’attenzione tra sé, l’altro e la relazione, creando una connessione più fluida e consapevole tra mente, corpo ed emozioni.

Indietro
Indietro

Giocare senza pallina: un’esperienza mentale e corporea nel tennis

Avanti
Avanti

L’Errore: La Chiave per Svelare Nuove Possibilità