Il Piumone Condiviso: un contenitore simbolico di emozioni e connessioni

Introduzione

Il piumone condiviso non è stato semplicemente un oggetto fisico, ma un autentico simbolo collettivo, capace di incarnare e contenere le emozioni, le esperienze e le dinamiche vissute dai partecipanti nel corso del tempo. Nato dall’esigenza di creare uno spazio comune, questo strumento ha assunto una funzione trasformativa, diventando un contenitore simbolico in cui poter accogliere tanto le difficoltà quanto i successi. Grazie alla sua versatilità e al suo potere evocativo, il piumone ha offerto ai ragazzi un’occasione unica per esprimersi in modo creativo e libero, favorendo la costruzione di un senso di appartenenza e la condivisione autentica delle loro esperienze.

Il piumone come tela dell’anima

All’inizio di una sessione, si partiva da una discussione aperta su temi personali o emozioni che ciascun partecipante sentiva di voler condividere. Si parlava di sogni, incubi, conflitti interiori, ma anche di successi, momenti di gioia e conquiste. Ogni tema, scelto dal gruppo, serviva da spunto per una riflessione collettiva. Una volta conclusa la discussione, ai ragazzi veniva chiesto di trasferire graficamente sul piumone ciò che avevano vissuto o sentito. Il piumone veniva steso al centro della stanza, e i partecipanti si avvicinavano, scegliendo pennarelli o colori per tessuti. Ognuno sceglieva un angolo, uno spazio, una porzione del piumone su cui lasciare il proprio segno. Non c’erano regole precise su cosa disegnare: qualcuno rappresentava simboli astratti, altri dettagli concreti della loro esperienza, mentre altri ancora trasformavano le proprie emozioni in scene o immagini simboliche. Sessione dopo sessione, il piumone si riempiva di immagini. Ogni disegno raccontava una storia unica, ma insieme i segni e disegni formavano un mosaico collettivo che rifletteva la complessità e la ricchezza delle esperienze umane. Accostare i propri disegni a quelli degli altri creava un senso di continuità e appartenenza: il piumone non apparteneva più a un singolo partecipante, ma era il risultato della collaborazione e della condivisione di tutti. Il processo di disegnare sul piumone non era solo un’attività artistica, ma una vera e propria esperienza simbolica. Il piumone diventava il contenitore delle emozioni, un luogo sicuro dove ciascun partecipante poteva depositare parti di sé. Non era solo un gesto individuale: sapere che il proprio disegno avrebbe convissuto con quelli degli altri creava un senso di interconnessione e di sostegno reciproco. Dopo aver completato i disegni sul piumone, l’esperienza entrava in una fase successiva e altrettanto significativa. Ogni componente del gruppo, a turno, veniva invitato a scegliere il disegno di un altro partecipante e ad interpretarlo come se fosse stato proprio. L’idea non era quella di indovinare o ricostruire l’intenzione dell’autore originale, ma di utilizzare l’immagine come uno specchio per riflettere qualcosa di sé, elaborando significati personali e proiezioni. L’autore originale del disegno, invece, aveva il compito di rimanere in silenzio, ascoltando senza intervenire, accogliendo ciò che il gruppo attribuiva alla sua creazione. Questo silenzio era cruciale: permetteva all’autore di osservare le reazioni e le interpretazioni degli altri, lasciando spazio a nuove prospettive e intuizioni. Il momento in cui un ragazzo sceglieva di commentare un disegno era carico di intensità. Si avvicinava al piumone, indicava l’immagine scelta, e iniziava a parlare come se fosse l’autore. “Io ho disegnato questa figura perché…” o “Per me questa linea rappresenta…”. In queste parole si intrecciavano riflessioni personali, interpretazioni emotive e, spesso, contenuti inconsci che emergevano grazie alla libertà di attribuire significato a un’immagine che non avevano creato. Il processo di interpretazione e ascolto non era privo di emozioni. A volte suscitava risate, momenti di leggerezza in cui il gruppo si riconosceva in qualcosa di condiviso. Altre volte, emergevano emozioni più profonde: chi interpretava il disegno poteva essere commosso da ciò che vedeva, mentre l’autore, ascoltando in silenzio, poteva sentirsi vulnerabile ma anche incredibilmente compreso. Spesso, al termine delle sessioni, il gruppo si riuniva intorno al piumone per osservare il risultato finale. Guardare le immagini accostate permetteva ai ragazzi di vedere la complessità, ma anche la forza del lavoro collettivo. Con il tempo, il piumone non è stato più solo un elemento introdotto dai terapeuti, ma è divenuto una risorsa che i ragazzi stessi chiedono di utilizzare. Il piumone, ormai carico di storie e simboli, è diventato un oggetto che rappresenta il gruppo stesso: un luogo tangibile in cui ogni emozione trova spazio e valore. In questo contesto, il piumone assume un valore simbolico e psicologico, divenendo un “contenitore” di emozioni contrastanti, sia quelle difficili che quelle gioiose. Il concetto di “resilienza” (Cyrulnik, 2009) risulta particolarmente appropriato a questa tipologia di interazione. Egli sottolinea come la capacità di superare traumi e difficoltà sia spesso supportata dall’esistenza di oggetti o spazi simbolici che aiutano a trasformare il caos emotivo in esperienze significative. Il piumone, in questo caso, rappresenta un simbolo di protezione e un rifugio psicologico: accoglie paure e conflitti, ma allo stesso tempo dà spazio a momenti di gioia, speranza e successo. Oltre al suo valore simbolico, il piumone ha anche una funzione concreta di protezione: nei mesi invernali, quando la stanza è più fredda, il piumone offre ai ragazzi calore e comfort, divenendo un caldo rifugio (altro esempio di integrazione psicosomatica). Questo senso di protezione può essere compreso anche alla luce della teoria del “fantasma gruppale” e sul ruolo protettivo che il gruppo esercita inconsciamente sui suoi membri (Kaës 1993). L’autore suggerisce che, all’interno di una dimensione gruppale, si costruisce uno spazio dove i membri del gruppo condividono e trasformano inconsciamente parti di sé. Questo spazio, simile a un abbraccio collettivo, rappresenta una protezione psichica reciproca, permettendo a ciascuno di sentirsi parte di un “corpo gruppale” che accoglie e tutela le vulnerabilità di ognuno (Kaës, 1993). Nel nostro contesto, il piumone funge proprio da “corpo simbolico” del gruppo, un luogo che avvolge e contiene corpi e l’intera gamma delle emozioni condivise.

Disegnare come accesso all’inconscio e alla realtà emotiva

L’atto di disegnare sul piumone permette ai ragazzi di esplorare simbolicamente sia le esperienze difficili che quelle gratificanti, aiutandoli a dare voce a ciò che talvolta è difficile verbalizzare. Carl Gustav Jung (1964), nel suo lavoro sull’inconscio e sui simboli, affermava che l’arte è un ponte tra conscio e inconscio, un modo per esprimere ciò che non sempre può essere formulato a parole. Jung sostiene che “il simbolo è l’espressione migliore di qualcosa che non può ancora essere completamente compreso e articolato attraverso il linguaggio” (Jung, 1964). I disegni sul piumone offrono ai ragazzi un modo per esplorare e dare significato alla propria realtà emotiva, sia luminosa che oscura. Il disegno nel lavoro di gruppo con adolescenti, soprattutto in contesti sportivi dove la pressione e la competizione sono elementi costanti, diventa una via per affrontare il mondo interiore senza le limitazioni imposte dal linguaggio. È proprio questa assenza di restrizioni che consente di esprimere emozioni complesse, che possono influenzare l’autostima, la fiducia in sé stessi e la gestione dello stress durante le competizioni. L’atto del disegnare rappresenta quindi uno spazio di libertà e di scoperta che facilita il contatto con le proprie emozioni. Inoltre, il processo di disegnare insieme sul piumone contribuisce a rafforzare il senso di appartenenza e coesione nel gruppo. Decorare un oggetto comune con le proprie esperienze, negative e positive, creava un forte legame tra i partecipanti. Secondo Yalom (1995), uno degli aspetti fondamentali del lavoro di gruppo è il senso di appartenenza e condivisione, che permette agli individui di sentirsi sostenuti e meno isolati. Yalom osserva che uno dei benefici centrali del gruppo terapeutico è la condivisione delle esperienze e il supporto reciproco (Yalom, 1995).

Proiezioni e rispecchiamento: il disegno come specchio del sé

La fase successiva dell’esperienza, come detto precedentemente, permetteva di lavorare attivamente sulle proiezioni. Le proiezioni sono un meccanismo psicologico fondamentale in cui l’individuo, spesso inconsapevolmente, attribuisce agli altri parti di sé, come conflitti, emozioni e vissuti non ancora integrati nella coscienza. Melanie Klein (Klein, 1946), una delle pioniere della teoria psicoanalitica delle proiezioni, ha descritto questo processo come un meccanismo difensivo attraverso cui l’individuo tenta di “espellere” parti indesiderate di sé, attribuendole agli altri. Secondo la Klein, la proiezione è una modalità che consente di confrontarsi con aspetti interni dolorosi, permettendo di osservare il proprio mondo emotivo in maniera indiretta. Questo meccanismo di proiezione diventa evidente nel momento in cui un ragazzo commenta il disegno di un altro come se fosse proprio. Tale procedura, attuata nella tecnica del “Piumone condiviso”, viene utilizzata anche in occasione di altre forme espressive, che prevedono il disegno (Catanzaro et coll., 2003). La libertà di interpretare l’opera dell’altro consente al partecipante di attribuire emozioni, conflitti e vissuti che appartengono al proprio mondo interiore. A differenza della semplice proiezione verbale, la proiezione fatta sul disegno, cioè su qualcosa che rimane, permette non solo un più facile rispecchiamento, ma anche la possibilità di accogliere ed integrare le proiezioni altrui. È possibile così fare emergere, grazie a questo specchio, aspetti nascosti del sé. Questa modalità proiettiva crea un terreno fertile per lo sviluppo della consapevolezza di sé, poiché ogni atleta è costretto a riflettere sugli elementi che attribuisce agli altri, acquisendo una comprensione più profonda delle proprie dinamiche interiori. Attraverso l’interpretazione del disegno altrui, infatti, il partecipante può confrontarsi con aspetti di sé che normalmente resterebbero latenti. Anche Donald Meltzer (Meltzer, 1981), psicoanalista della scuola kleiniana, ha esplorato l'importanza della proiezione nella costruzione dell'identità, descrivendo come, nei gruppi, il confronto con le proiezioni altrui favorisca l’integrazione e la comprensione delle proprie parti interne, talvolta scisse o rimosse.

L’ascolto silenzioso e la funzione riflessiva

Un altro aspetto di questa attività è l'ascolto silenzioso dell’autore del disegno, che osserva senza intervenire mentre un altro interpreta la propria opera. Questo silenzio, oltre a stimolare l’autoriflessione, permette all’autore di distaccarsi dalla propria creazione e di vederla attraverso gli occhi dell’altro. Questo approccio rievoca la funzione riflessiva descritta da Peter Fonagy e Mary Target (1997), che hanno esplorato l’importanza della capacità di riflettere sulle proprie e altrui emozioni per lo sviluppo dell’empatia e della comprensione emotiva. L’ascolto silenzioso offre al ragazzo l’opportunità di osservare come i propri vissuti siano condivisi e compresi, favorendo così un senso di appartenenza e connessione con il gruppo.

Conclusioni

L’esperienza del piumone condiviso mostra come un semplice oggetto possa trasformarsi in un potente simbolo collettivo. Attraverso il disegno e l’interpretazione, i partecipanti possono dare forma e significato alle proprie emozioni, accogliendo sia difficoltà che successi. Il processo favorisce l’emersione di vissuti personali attraverso il continuum dello spettro che va dalla proiezione al rispecchiamento. Il tutto promuove, attraverso graduali integrazioni di lati ombra, una maggiore consapevolezza di sé. Allo stesso tempo, il gruppo ha offerto un contesto sicuro in cui vulnerabilità e emozioni condivise si sono trasformate in risorse collettive. Il piumone non è stato solo un contenitore di storie individuali, ma il simbolo di una forza comune: un luogo in cui la creatività e la connessione hanno alimentato crescita personale e senso di appartenenza.

Disegno su stoffa con due figure stilizzate. Una figura in piedi con un punto interrogativo rosso sopra la testa e una figura seduta accanto.
Disegno di un punto interrogativo rosso, un cappello da laurea nero e una racchetta da tennis rossa su sfondo grigio sfuocato.
Disegno infantile di persone e cuori.
Disegno infantile con figure stilizzate, una persona a testa in giù e altre legate da catene.
Disegno infantile di due persone stilizzate su un tessuto imbottito, una figura rossa e una blu, collegate da una linea nera tra le loro teste.
Disegno infantile di due persone che si tengono per mano, con altre figure stilizzate sopra di loro.
Disegno stilizzato di un personaggio su stoffa, con un elmetto nero e giallo, occhi piccoli e bocca, su sfondo bianco.
Disegno su stoffa con figure stilizzate di quattro persone all'interno di un cerchio blu, con segni rossi sul petto. Sfondo con ghirigori grigi e gialli.
Disegno di un uomo muscoloso su un tessuto, con indosso pantaloncini viola.
Disegno di una figura umana vista di spalle, con frecce che puntano verso una spirale colorata sulla schiena.