Il Corpo come Strumento Musicale: Ritmo, Relazione e Consapevolezza
Introduzione
L’esperienza di “suonare il corpo” si colloca al confine tra arte, terapia e scoperta sensoriale, prendendo ispirazione dal mio percorso personale come terapeuta e percussionista. Il punto di partenza è stato il desiderio di coniugare il mio interesse per le percussioni, uno strumento di espressione diretta e corporea, con il lavoro psicologico centrato sul corpo e sulla relazione. L’idea di utilizzare il corpo come strumento musicale nasce dalla consapevolezza che il suono, il ritmo e il tatto possono attivare dimensioni profonde dell’esperienza umana, mettendo in connessione l’individuo con sé stesso e con gli altri.
L’esperienza di suonare il corpo
L’attività è iniziava con un esercizio individuale: ai partecipanti veniva chiesto di esplorare il proprio corpo come uno strumento musicale. In silenzio, ciascuno iniziava a battere con le mani su diverse parti del corpo, sperimentando diversi movimenti, pressioni e intensità. Questo primo momento aveva una duplice funzione: favorire la consapevolezza corporea e creare un rapporto intimo con il proprio corpo. L’esperienza si rivelava sorprendente per molti partecipanti, quando notavano che ogni parte del corpo produceva suoni unici: il petto generava toni profondi e risonanti, le gambe producevano suoni ritmici e vibranti, mentre le braccia e le mani davano vita a tonalità più leggere e secche. Alcuni partecipanti si soffermavano sul ritmo, cercando di creare una sorta di melodia personale, mentre altri esploravano la qualità delle vibrazioni prodotte dai colpi. Questa fase iniziale non era solo un esercizio tecnico, ma un’occasione per sviluppare un rapporto nuovo con il proprio corpo. In un contesto culturale in cui il corpo è spesso oggetto di giudizi e aspettative, percepire il proprio corpo come “strumento musicale” aiutava i partecipanti a riconoscerne il valore e l’unicità, spostando l’attenzione dalla forma estetica alla funzione espressiva. Conclusa l’esplorazione individuale, i partecipanti erano invitati a formare delle coppie. In questa fase, il compito era quello di suonare il corpo del partner, utilizzando le mani per battere su diverse parti del corpo, evitando di fare male e rispettando le volontà dell’altro. L’esperienza ha rivelato una serie di scoperte. Ogni corpo, infatti, rispondeva in modo diverso al contatto, producendo suoni e vibrazioni unici. Alcuni partecipanti notavano che il partner preferiva movimenti più delicati, mentre altri erano più a loro agio con ritmi più intensi. Questo esercizio evidenziava l’importanza dell’ascolto reciproco: per creare una “musica” armoniosa, era necessario prestare attenzione non solo al suono prodotto, ma anche alle reazioni corporee dell’altro. In questa fase, il tatto ha assunto una valenza comunicativa. Non si trattava solo di produrre suoni, ma di entrare in relazione con il corpo dell’altro, utilizzando il ritmo e la pressione come linguaggi non verbali. Il momento culminante dell’esperienza era quello in cui l’intero gruppo veniva invitato a suonare il corpo di un singolo partecipante. Chi si trovava al centro dell’esperienza aveva il compito di sdraiarsi a terra, chiudere gli occhi e lasciarsi andare, mentre gli altri, con le mani, suonavano il suo corpo come fosse uno strumento collettivo. Per chi stava al centro, la sensazione era unica e coinvolgente: Inizialmente si potevano distinguere le singole mani che battevano su diverse parti del corpo, ma con il passare del tempo, il tocco diventava un flusso indistinto di vibrazioni e stimoli. Molti hanno descrivevano questa esperienza come una sorta di immersione sensoriale totale, in cui il corpo vibrava in sintonia con i ritmi prodotti dal gruppo. Dal punto di vista del gruppo, questa fase richiedeva una grande attenzione e coordinazione. Per creare un ritmo armonioso, i partecipanti dovevano ascoltarsi reciprocamente e adattare i propri movimenti a quelli degli altri. Questo esercizio di sincronia collettiva non solo rafforzava il senso di appartenenza al gruppo, ma permetteva anche di esplorare il potere del lavoro cooperativo. Al termine dell’esperienza, come al solito, i partecipanti condividevano i propri vissuti fisici ed emotivi.
Il ritmo Relazionale Nell’interazione ritmica
Tra il gruppo e il singolo partecipante, si sviluppano dinamiche di transfert e controtransfert che riflettono modelli relazionali profondi. Il transfert si manifesta quando ad esempio il partecipante centrale attribuisce al gruppo sensazioni e significati legati a relazioni passate, come il senso di protezione o di invasione. Allo stesso modo, il gruppo può vivere dinamiche controtransferali, rispondendo in modo inconscio ai gesti e alle reazioni del partecipante centrale. Queste dinamiche sono particolarmente evidenti nel ritmo relazionale. Un gruppo che suona in modo caotico e non sincronizzato potrebbe riflettere una difficoltà a connettersi o a regolare le proprie emozioni collettive (Transfert di confusione), mentre un gruppo che trova un ritmo armonioso dimostra una capacità di contenimento e di empatia. Per il partecipante centrale, il ritmo del gruppo può rappresentare una metafora delle relazioni primarie: un ritmo prevedibile può evocare un’esperienza di accudimento sufficientemente buono (Winnicott, 1958) e di attaccamento sicuro, mentre un ritmo irregolare potrebbe rievocare vissuti di attaccamento insicuro o disorganizzato (Main, 1995).
Significati psicologici e corporei
L’esperienza del “suonare il corpo” racchiude molteplici significati psicologici e corporei, che trovano radici sia nella dimensione primordiale del ritmo, sia nella capacità del corpo di funzionare come mediatore tra il sé interno e il mondo esterno. Il contatto fisico, il suono, le vibrazioni e il ritmo operano insieme in questa esperienza, creando un ambiente che stimola profondamente la psiche e facilita un ritorno a dimensioni arcaiche, emotive e sensoriali della vita interiore protomentale, dove mente, emozioni e corpo sono indistinte (Bion, 1961). Questa esperienza si arricchisce ulteriormente quando consideriamo i parallelismi con il tennis, uno sport che fa del ritmo interno e della relazione ritmica con l’avversario una delle sue fondamenta tecniche e psicologiche. Il corpo umano è il primo strumento musicale della nostra esistenza, ben prima dell’introduzione di strumenti esterni. Fin dall’infanzia, battiamo le mani, tamburelliamo le dita e scopriamo che il nostro corpo può produrre suoni. In questo senso, l’esperienza di “suonare il corpo” richiama una dimensione regressiva, permettendo ai partecipanti di riconnettersi con le radici più profonde dell’esperienza umana: il corpo come fonte di ritmo e comunicazione. Secondo Piaget (1952), il gioco sensomotorio costituisce il primo livello di apprendimento e relazione con il mondo. Nel bambino, battere, ascoltare e sentire il proprio corpo e quello degli altri rappresenta una forma primitiva di esplorazione e connessione. Questa attività riporta a una modalità di relazione preverbale, dove il linguaggio non è ancora necessario e il tatto e il suono diventano i principali canali di scambio.
Il ritmo come archetipo universale
Il ritmo è uno degli archetipi più profondi della condizione umana. È presente ovunque: nel battito cardiaco, nel respiro, nel cammino e nei cicli naturali della vita. In psicologia analitica, Carl Gustav Jung (1954) ha spesso fatto riferimento agli archetipi come schemi universali presenti nell’inconscio collettivo, e il ritmo può essere considerato uno di questi schemi. Il ritmo delle percussioni, in particolare, ha un potere quasi ipnotico sulla mente umana: è capace di risvegliare emozioni profonde, di creare uno stato di concentrazione e di favorire un’esperienza di unione con sé stessi e con gli altri. In questa attività, il ritmo emerge sia nell’atto individuale di esplorare il proprio corpo come strumento musicale, sia nella sincronia collettiva che si sviluppa quando più persone suonano il corpo di un compagno. Questa sincronia ritmica può essere interpretata come una forma di comunicazione pre-logica, capace di bypassare le difese razionali e di connettere i partecipanti a un livello più emotivo e primordiale.
Le percussioni e il loro potere regressivo
Le percussioni, tra tutti gli strumenti musicali, sono considerate le più regressive (Benenzon, 1985). Il loro suono è immediato, vibrante, e sembra risvegliare ricordi ancestrali. Le percussioni erano presenti nei rituali delle prime comunità umane, utilizzate per connettersi con il sacro, per scandire i momenti di festa e per esorcizzare le paure collettive. La loro potenza risiede nella capacità di entrare direttamente in contatto con il corpo, grazie alle vibrazioni che risuonano nelle ossa e nei tessuti, creando un’esperienza sensoriale totale. Il potere regressivo delle percussioni è legato alla loro capacità di riportare l’individuo a uno stato di coscienza preverbale. Questo aspetto è stato studiato da musicoterapeuti come Michel Imberty (1997), che ha sottolineato come il suono percussivo attivi le aree più primitive del cervello, in particolare quelle legate all’istinto e alle emozioni di base. Quando si batte sul proprio corpo o sul corpo dell’altro, si crea una forma di “dialogo sonoro” (Benenzon, 1985), che non passa attraverso le parole, ma attraverso il ritmo, il tatto e le vibrazioni. Le vibrazioni prodotte dal battito delle mani sul corpo hanno un effetto profondo sia sul piano fisico sia su quello psicologico. A livello fisico, le vibrazioni penetrano nei tessuti, stimolano la circolazione sanguigna e rilassano i muscoli, creando una sensazione di benessere. Questo effetto è simile a quello di alcune tecniche di massaggio sonoro, basate sull’uso delle campane tibetane o di altri strumenti vibranti. A livello psicologico, le vibrazioni producono una stimolazione multisensoriale che favorisce il rilascio di tensioni emotive. Quando il corpo risuona sotto l’effetto del ritmo collettivo, emerge una sensazione di connessione con qualcosa di più grande di sé, una sorta di esperienza transpersonale. Per chi si trova al centro del gruppo, questa immersione nelle vibrazioni e nei suoni diventa un’esperienza quasi meditativa, in cui il senso del sé corporeo si espande per includere le mani e i ritmi degli altri. Il tatto, in questa esperienza, assume un significato particolare. Non è un tatto casuale o privo di intenzionalità, ma un tatto ritmico e rispettoso, che comunica vicinanza e appartenenza. Secondo la teoria della regolazione affettiva di Schore (2003), il contatto fisico è uno dei principali canali attraverso cui si stabiliscono connessioni emotive. Il battito ritmico delle mani, che tocca il corpo con delicatezza e intenzione, diventa un messaggio implicito di cura e accoglienza, capace di creare un ambiente di sicurezza psicologica. Questa esperienza è particolarmente significativa per chi ha una relazione conflittuale con il proprio corpo. Sentire il proprio corpo come uno strumento musicale, capace di produrre suoni e vibrazioni che vengono accolte dagli altri, può trasformare il modo in cui si percepisce sé stessi. Il corpo, che a volte è vissuto come fonte di disagio o insicurezza, diventa un mezzo di espressione e connessione. Un altro significato importante di questa esperienza riguarda la regolazione emotiva. Il ritmo, come dimostrano diversi studi neuroscientifici, ha un effetto diretto sul sistema nervoso autonomo. I ritmi regolari e prevedibili, come quelli prodotti dal battito delle mani, possono attivare il sistema parasimpatico, responsabile del rilassamento e della rigenerazione (Benenzon, 1985). Questo spiega perché molte pratiche musicoterapeutiche utilizzano ritmi percussivi per ridurre l’ansia e favorire il rilassamento. In questa attività, il ritmo collettivo non solo regola le emozioni individuali, ma crea anche una sorta di “ritmo condiviso” che sincronizza i partecipanti. Questa sincronizzazione ritmica, che si manifesta anche nel battito cardiaco e nella respirazione, rafforza il senso di appartenenza e la coesione del gruppo.
Conclusioni
L’esperienza di “suonare il corpo” dimostra come un’attività semplice e creativa possa trasformarsi in un potente strumento di esplorazione personale e connessione collettiva. Attraverso il tatto, il suono e le vibrazioni, i partecipanti possono riscoprire il proprio corpo come fonte di espressione armonica e di relazione, superando le barriere del linguaggio e delle convenzioni sociali. Il corpo, in questa esperienza, si rivela non solo uno strumento musicale, ma anche un veicolo di emozioni e significati profondi. Per chi è al centro dell’esperienza, la sensazione di essere avvolto da una sinfonia di tatto e suoni rappresenta un’esperienza unica di immersione sensoriale, capace di amplificare la percezione di sé e del gruppo.